giovedì 7 gennaio 2010

Approdata a Bologna dopo qualche giorno passato sulle gelide Dolomiti, ho trascorso buona parte del pomeriggio a passare in rassegna i siti internet e i blog che leggo abitualmente alla ricerca di articoli e notizie interessanti.
Ho trovato questo sul solito sito del solito Internazionale, senza i quali sarei inesorabilmente persa!
Per noi aspiranti giornalisti o simili, e soprattutto per me irrecuperabile prolissa, è quasi illuminante.


Informazione: poche parole ma buone

Una delle ragioni della crisi dei giornali tradizionali, secondo il fondatore di Slate Michael Kinsley, è l’eccessiva lunghezza degli articoli. “Su internet, invece, gli articoli vanno subito al sodo”, scrive Kinsley sull’Atlantic Monthly.

“Scrivere per un giornale significa seguire delle regole e delle convenzioni molto rigide, che non necessariamente aiutano nella comprensione immediata della notizia. La colpa non è dei giornalisti: le convenzioni sono stabilite da una tradizione che è abbastanza ingessata e detta legge. Un tempo questa abbondanza di parole non necessarie era considerata un progresso rispetto alla notizia secca. La regola era: ‘Non raccontare la storia, ma spiega al lettore il suo significato’. Ma questa consuetudine di fornire ‘un contesto’ è diventata invece un invito a gonfiare le storie”, afferma Kinsley.

Nei giornali c’è una regola per cui l’ultimo aggiornamento di una storia dev’essere coprensibile anche da chi non ha seguito l’intera vicenda. Quindi ogni notizia è ricostruita in modo che “anche chi è appena uscito dal coma” possa capirla. Ma questo ha portato alla diffusione di articoli che ripetono all’infinito la stessa storia aggiungendo ogni volta solo qualche piccola novità.

Secondo Kinsley, inoltre, il ricorso a citazioni e a virgolettati per riportare il parere di esperti e osservatori imparziali è un altro dispendio inutile di parole e di spazio. “A volte la frase in cui si presenta l’autore è più lunga della citazione che gli si attribuisce. Oppure si citano illustri sconosciuti con l’unico scopo di avvalorare la tesi del giornalista e di dare l’impressione di essere oggettivi”.

“Quando ho cominciato a fare il giornalista al Royal Oak Daily Tribune, in Michigan, il caporedattore mi disse: ‘Ogni parola che tagli sono soldi risparmiati per l’editore’. All’epoca non mi sembrava un’idea molto nobile sacrificare le mie parole per far guadagnare l’editore. Ma per i giornalisti di oggi la questione è molto più delicata”, conclude Kinsley.

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